Una passione che unisce uomo e natura nella tutela della biodiversità
Il servizio fotografico per questo articolo è stato realizzato da Vincenzo Capobianco
Alba – È un simbolo di lusso e prestigio. Ogni singola “grattata” è un momento da vivere in religioso silenzio e meditazione perché, si sa, il tartufo bianco d’Alba è il raro frutto della terra che si assapora solo fra autunno e inverno.
Nel nostro recente viaggio nelle Langhe – alla scoperta della fiera internazionale del tartufo bianco d’Alba – abbiamo voluto scavare nella storia, nella natura e nell’essenza di questo fungo prezioso, che solo gambe e nasi esperti riescono a trovare, girovagando per i boschi nell’oscurità.
Con le prime luci dell’alba ci siamo svegliati per raggiungere il Bosco Borgogno e incontrare Carlo Marenda, giovane ed esperto cercatore (“trifulau” in piemontese), originario di Alba, la patria del tartufo bianco.
Il Bosco Borgogno (dal nome dei proprietari) si trova fra La Morra e Barolo, in un anfiteatro naturale che offre la vista su alcuni tra i più importanti “Cru” (vigneti con menzione), quali Cannubi, Cerequio e Brunate. Il trifulau Carlo Marenda – che con Edmondo Bonelli ha fondato il progetto Save the Truffle, per salvaguardare e tutelare le tartufaie– conosce il bosco come le sue tasche e nella stagione della ricerca (che termina il 31 gennaio del 2019) lo raggiunge attorno alle 4.30 con Emi e Buk, i suoi fedeli cani da tartufo. Prima delle 9.00 è già alla scrivania del suo lavoro da project manager in un’azienda che produce impianti di dosaggio per vernici e inchiostri.
Perché il tartufo bianco d’Alba si cerca di notte?
Si sente spesso dire che il tartufo bianco d’Alba si cerca di notte perché i trifulau, che si muovono nella sola compagnia dei loro cani, non vogliono farsi “scoprire” da potenziali concorrenti. In parte è vero, perché l’unicità di questo fungo è data dal fatto che non può essere coltivato (a differenza del tartufo nero), ma solo trovato ai piedi degli alberi e delle piante tartufigene in cui cresce a ogni stagione.
Il tartufo bianco d’Alba, infatti, si lega alle radici delle piante instaurando con esse un rapporto simbiotico e solo chi ha molta esperienza sa dove queste piante si trovano.
Ma le ragioni per cui i trifulau esperti si muovono fra le tenebre e l’alba sono anche altre: “Di notte non ci sono rumori e i cani sono molto più tranquilli – ci spiega Carlo Marenda – In autunno il terreno accumula molta umidità a partire dalla sera e per tutta la notte: questo dà vita a un’azione di pulizia del suolo e mette il risalto il profumo del tartufo. Per questo ci svegliamo prestissimo per cercare l’oro bianco”.
L’esperienza degli anziani insegna e aiuta: l’eredità di Giuseppe Giamesio
Come in tutte le discipline e i mestieri, l’esperienza maturata sul campo è fondamentale. Carlo Marenda ci spiega che sono i trifulau più anziani ad avere più successo nella ricerca del tartufo bianco d’Alba. “I funghi crescono sempre negli stessi punti e ogni trifulau ha la sua mappa segreta dei boschi. A ogni stagione sanno dove andare e più si pratica, più si diventa bravi”.
Lo stesso vale per i cani da tartufo: più sono anziani più sviluppano il senso dell’olfatto.
“I cani anziani camminano lentamente, si fermano con calma ad annusare tutti gli angoli dove il profumo del tartufo bianco è percepibile”, racconta Carlo Marenda.
I suoi cani si chiamano Emi e Buk. Emi è la più anziana ed è la mamma di Buk.
“Mi è stata lasciata in eredità dall’anziano trifulau Giuseppe Giamesio, detto “Notu”, che, prima della sua scomparsa, mi ha formato e mi ha affidato una missione: salvaguardare l’ambiente in cui il tartufo cresce“, racconta Carlo.
“Giuseppe mi ha cresciuto e formato, siamo diventati grandi amici e abbiamo condiviso trucchi e segreti legati ai cani e al loro addestramento – continua – Devo a lui e ad Aldo, l’amico di mio padre che da bambino mi portava per boschi, la mia passione e dedizione per la ricerca del tartufo e la tutela dei territori delle Langhe in cui cresce”.
Qual è la razza di cane più adatta per cercare il tartufo?
A questa domanda non c’è una risposta. “Il cane migliore è quello che il tartufo lo trova!”, ci risponde Carlo Marenda. “Molti cani e incroci sono potenzialmente buoni per la ricerca, ma poi contano soprattutto l’addestramento, la costanza e il rapporto di fiducia che il cane instaura con il padrone”. “Per loro trovare il tartufo è un gioco gratificante, a cui segue sempre una ricompensa”.
Quando i cani trovano il tartufo bianco bianco d’Alba iniziano a scavare e il trifulau interviene subito con lo zappino, il “sapin” in piemontese, uno strumento che serve per scavare, allargare la buca ed estrarre il tartufo precedentemente individuato dal cane.
Questa fase è molto delicata, perché il trifulau deve stare molto attento a non danneggiare il tartufo e le sue piccole radici.
“Terminata l’operazione – ci spiega Carlo Marenda – dobbiamo ricoprire la buca con molta cura, per evitare che altri trifulau la trovino e per garantire al tartufo bianco di riformarsi nella stagione successiva.”
L’incontro con Edmondo Bonelli e il progetto Save The Truffle
La missione che Giuseppe Giamesio ha affidato a Carlo Marenda, quella di fare qualcosa per tutelare i territori e la crescita delle piante tartufigene nelle Langhe, ha trovato concretezza nel progetto Save the Truffle (savethetruffle.com), fondato con Edmondo Bonelli, laureato in Scienze Naturali.
Si sono incontrati (quasi) per caso una domenica di primavera del 2015, in uno dei rari boschi ancora presenti nella bassa Langa: Carlo era con Emi e Buk per verificare l’integrità del bosco dopo il lungo inverno; Edmondo voleva identificare alcune piante per ricreare una tartufaia.
“Da subito abbiamo iniziato a condividere idee e pensieri sul tartufo, sulla sua tutela e valorizzazione – racconta il trifulau – Sono nati nuovi progetti di recupero di vecchie tartufaie e di messa a dimora di nuove piante tartufigene nel rispetto dell’ecosistema e nella valorizzazione della biodiversità”.
Il progetto “Save the Truffle” è nato quindi per difendere l’ambiente in cui il tartufo si forma di anno in anno.
“Ricordiamoci che se l’ambiente non è sano e favorevole, il tartufo non cresce ed è compito di tutti promuovere coltivazioni non invasive, ridurre l’inquinamento e sostenere la crescita delle piante”, dice Carlo Marenda.
Vi invitiamo a conoscere il progetto perché vi dà la possibilità di prenotare visite guidate nei boschi e autentiche esperienze di ricerca del tartufo bianco d’Alba.
“Ma vi avviso – dice Carlo Marenda – Per capire veramente come si cerca il tartufo dovrete alzarvi alle quattro del mattino”. “Solo così potrete capire che la nostra passione nasce dal contatto con la natura, con il freddo, il vento e le stelle e la Luna, che in silenzio guida il nostro cammino”.