Una storia, una famiglia, una città che si sveglia con il profumo di cioccolata e pasta frolla
Amalfi – Mi avevano detto che non sarei potuta passare da Amalfi senza aver provato, almeno una volta, la “delizia al limone”, il tipico dolce campano che tocca le più alte vette alla Pasticceria dei Fratelli Pansa, un posto in cui se non ci ficchi il naso anche solo per curiosità, fai bene a dire di non essere mai stato in costiera amalfitana.
Ebbene, l’ho ordinato. Ma ci ho messo mezz’ora, perché il menù della pasticceria che nel 1830 un giovane di nome Andrea Pansa ha aperto ripulendo un vecchio magazzino ai piedi del Duomo è forse il più bello che io abbia mai visto.
È un menù stampato sulla carta di Amalfi – quella che si usa per gli inviti a nozze e su cui si stampano gli stemmi di famiglia – e in tre pagine scritte in corsivo racconta per filo e per segno la storia che ha portato cinque generazioni di pasticceri a servire biscotti, pasticcini, liquori ed elisir con l’eleganza spontanea di chi sa fare il proprio mestiere.
Solo dopo aver letto tutto, apprezzando la penna di chi trasforma una storia in un pezzo di letteratura, ho affondato un cucchiaio d’argento nella pasta morbida della famosa “delizia”: una “bombetta” di pan di Spagna bagnata al limoncello con un cuore di crema di limone. E sì: è stato il paradiso. Lo stesso che dà il nome al limoneto di famiglia di cui narra il menù, il limoneto di Villa Paradiso.
Sono state le parole di Nicola Pansa, autore del menù e scrittore “mancato”, a farmi venire voglia di sapere tutto dei fratelli che da cinque generazioni, ad Amalfi, sfornano torte, pagnottelle, biscotti, torroni e pasticcini, nella piazzetta del centro, accanto al Duomo la cui facciata è decorata con quelle che noi chiamiamo croci di Malta, ma che prima di tutto sono il simbolo della Repubblica marinara di Amalfi.
Nicola Pansa è il fratello di Andrea e Marilla Pansa, e tutti e tre i Fratelli Pansa portano avanti la pasticceria iniziata dal loro avo quasi duecento anni fa. Io ho conosciuto Andrea, che dopo avermi conquistato con un servizio al tavolo da dolce vita, ha esaudito il mio desiderio: andare a Villa Paradiso, dove crescono i limoni che in laboratorio si spremono, si bollono e si lavorano dal mattino alla sera per trasformarli in scorzette e ripieni cremosi che sanno di estate.
Pensavo che fosse chissà dove, il limoneto, ma in tarda serata Andrea me l’ha indicato con il dito: “È lassù”. Il giorno dopo mi ci ha portato in vespa, attraversando il vicolo stretto che taglia il centro di Amalfi e porta dritto al Museo della carta. Da lì, sono cento gradini a piedi dentro la Valle dei Mulini, dove una volta c’erano una ventina di cartiere che funzionavano con le macchine utensili mosse dall’acqua e ora sono quasi tutte abbandonate a se stesse e ai cavilli delle leggi sulle “destinazioni d’uso”.
“Ormai siamo in pochi a coltivare limoneti, ce ne sono tanti abbandonati in questa zona – mi dice Andrea salendo – Qui mica ci si arriva con i camion, i limoni si portano giù a mano dentro i sacchi: è un lavoro duro, i giovani fanno altro e i costi di mantenimento sono difficili da sostenere”. “Noi siamo fortunati, perché di 500 quintali prodotti all’anno, ne usiamo circa 150 in pasticceria e quindi l’investimento vale la fatica”.
Nel limoneto di Villa Paradiso ci si potrebbe girare un film: le mani e gli occhi dei contadini che da quando sono ragazzi fanno vivere e prosperare il giallo accesso dei frutti hanno i segni della vita, quella che ci si guadagna ogni giorno sudando sotto il sole e affrontando le intemperie.
Li ho guardati tenere rametti di salice fra i denti e annodarli alle piante per farle crescere. Nella loro espressione c’è la timidezza di chi non sa cosa vuol dire passare il tempo a scattare (o scattarsi) fotografie.
E poi ho conosciuto Peppino, 80 anni, intento a tagliare le foglie dei limoni di casa sua, che è proprio di fronte a Villa Paradiso. Lui ha iniziato a lavorare in un limoneto della zona nel 1946, quando ad Amalfi c’erano solo contadini e pescatori e sulla costa non ormeggiavano ancora gli yacht. E poi è passato a dirigere Villa Paradiso iniziando al mestiere tutti gli uomini che tuttora tengono vivo il limoneto dei Pansa.
Il 28 giugno Peppino è caduto da un albero di prugne: pare che abbia quasi visto gli angeli ma dall’oggi al domani si è rimesso in forze e la mattina, come sempre, si sveglia all’alba per curare le sue piante.
Gli occhi brillano solo a nominarle: “Ho iniziato a lavorare qui che ero un ragazzo”. E poi guarda Andrea: “Ho fatto una promessa a tuo padre – gli dice – Prima di morire mi ha detto: Peppino, non abbandonare il mio giardino. Me la ricordo, quella la promessa, e la mantengo. Non ti preoccupare”.
“Sono loro il nostro patrimonio, sono le persone che mettono amore in quello che fanno a mandare avanti con noi l’attività – dice Andrea – Dal limoneto al laboratorio”. E si vede: l’amore è negli occhi giovani ma già esperti di Loredana e Sabrina, che fanno gelato e cioccolatini nel nuovo laboratorio dei Fratelli Pansa, che con spirito innovativo Andrea ha aperto per portare aria nuova nell’azienda.
Ed è nelle mani dei pasticceri, che nel laboratorio storico della piazza iniziano la giornata modellando pasta di mandorle e pasta frolla…
Quando i clienti scoprono che i limoni arrivano dal nostro limoneto, e che stiamo in piedi dal 1830, sono contenti. Per noi è un orgoglio mostrare i frutti di questa continuità. Ci siamo riusciti per cinque generazioni e andremo avanti ancora, credendo davvero che questo sia il mestiere più bello del mondo.
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