Elena, Riccardo, Nicola e la più grande coltivazione di Goji fresco in Europa

Due Carrare (Padova) – Sono cresciuti ai piedi della “collinetta”, l’ultimo dei Colli Euganei, in una villa del 1500 costruita sulle rovine del Castello dei Carraresi. La villa è circondata di vitigni di Cabernet, Merlot, Refosco dal peduncolo rosso, Chardonnay, Pinot Grigio, Palava e Glera, perché alcuni anni fa il loro padre ha iniziato a produrre vino. Poche migliaia di bottiglie, che i ristoratori locali oggi si contendono.
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Dalla tradizione al futuro

I terreni in cui Elena e Riccardo Capodaglio hanno trascorso la loro infanzia sono sempre stati perlopiù adibiti alla coltivazione di seminativi (mais, soia, ecc..), adeguandosi ai numerosi metodi di coltivazione che si sono susseguiti negli anni. Dall’agricoltura non meccanizzata del dopoguerra, all’uso dei pesticidi dettato dalle esigenze di mercato, alla diffusione del biologico, i fratelli Capodaglio, con Nicola Donola, il compagno di Elena, scrivono il futuro con il metodo innovativo “Organic Forest”, che hanno studiato e messo in pratica per coltivare un frutto molto noto nella sua versione disidratata ma molto meno come prodotto fresco: la bacca di Goji.
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Il metodo “Organic Forest”

L’Organic Forest è un metodo di agricoltura sostenibile, fondato dall’agronomo e naturopata francese Michel Barbaud, che esclude l’utilizzo di sostanze chimiche di sintesi per garantire il più alto valore organolettico ed energetico del frutto.

“Per preparare il terreno alla coltivazione del nostro Goji – spiegano Elena, Riccardo e Nicola – abbiamo letteralmente ‘lavato’ il terreno con tisane purificanti, per prepararlo a nutrire le piante in modo naturale”. “Il processo è iniziato nel 2015 e continua tuttora”.

Il viaggio da Sud a Nord della bacca rossa

La bacca di Goji fresco ha una forma allungata e rotondeggiante e il suo colore, rosso brillante, la fa assomigliare a un pomodorino. “Il nome corretto della pianta è Goji Lycium Barbarum e appartiene proprio alla famiglia delle solanacee, quindi dei pomodori e delle melanzane – ci racconta Elena Capodaglio – Abbiamo deciso di coltivarlo nel 2013, dopo un’esperienza estiva di mio fratello Riccardo a Corigliano Calabro.”

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Da sinistra, Nicola Donola, Elena e Riccardo Capodaglio

L’idea di avviare in Italia una coltivazione della pianta di Goji – che nella forma disidratata arriva principalmente dal mercato cinese – è nata infatti quando i padovani Nicola Rizzo e il figlio Nicolò, titolari con la famiglia dell’Azienda Agricola Favella di Corigliano Calabro (CS), già eccellenza italiana nella coltivazione di ortaggi, funghi e nell’allevamento di bufale, si sono affermati come la prima realtà in Europa a coltivare e distribuire, con il marchio “Oh Sole”, le bacche fresche di Goji Lycium Barbarum.
storiedichi_goji_fresco_18“La famiglia Favella ha condiviso con il noi il suo know-how sulla selezione di piante e di semi di Goji, contagiandoci con la sua passione”, spiegano i fratelli Capodaglio. “Grazie a quello che abbiamo imparato, abbiamo dato vita al nostro marchio ‘Goji Capo‘ e a un progetto di eccellenza: nella nostra azienda coltiviamo oltre 60 mila piante in 35 ettari dedicati”, raccontano.

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Il signor Mario Peraro, fidato dipendente dell’azienda

E quella di Goji Capo è oggi la più grande coltivazione di Goji fresco in Europa e la famiglia Capodaglio ne segue con entusiasmo l’evoluzione con i suoi fidati collaboratori, come il signor Mario Peraro, che ha iniziato a lavorare in azienda da bambino.

Api, trifogli e sveglia all’alba

All’azienda agricola Capodaglio i filari di Goji si confondono con quelli dei vitigni e la raccolta del frutto, al pari di quella dell’uva, si fa a mano.

Ogni mattina, con le prime luci dell’alba, da giugno a ottobre.

Tra i filari di piante di Goji scorrono lunghi tappeti erbosi di trifoglio nano (Trifolium repens, che appartiene alla famiglia delle leguminose), un alleato irrinunciabile per la sostenibilità di questa coltivazione. Il trifoglio, infatti, fissa l’azoto presente nell’aria a beneficio del terreno, contrasta la crescita delle cosiddette “erbacce” e l’invasione dei parassiti, e, dulcis in fundo, attira le api, fondamentali per impollinare i fiori delle piante di Goji e portare alla nascita dei frutti rossi di Goji.

Senza le api non si può parlare di sostenibilità. Sono le preziose impollinatrici naturali dei fiori e favoriscono la bio-diversità negli ambienti liberi da inquinamento e privi di insetticidi e pesticidi.

Non a caso, infatti, l’utilizzo di sostanze chimiche nocive nelle aree agricole, dove le api svolgono la loro preziosa opera, ha comportato un’inesorabile e allarmante diminuzione della loro presenza, con grave impatto su tutto l’ecosistema.
Storiedichi_goji_capoUn terzo del cibo che mangiamo tutti i giorni è frutto dell’impollinazione: questo la dice lunga sul potere delle api! – dice Elena – Noi ne favoriamo la presenza con posizionando le arnie vicino alle piante e, sì, come si può immaginare stiamo sperimentando il miele puro di Goji, ottenuto dalla trasformazione del nettare dei fiori di questa strepitosa pianta”.

Un’idea vincente che è già arrivata a Eataly

Elena, Riccardo e Nicola hanno iniziato a coltivare le prime piante a marzo del 2015 e a fine luglio dello stesso anno sono arrivati i primi frutti: “Era un esperimento, volevamo vedere se il terreno e il clima erano favorevoli per la crescita di questa pianta”, racconta Elena.
storiedichi_goji_frescoE sono risultati talmente favorevoli che dalla scorsa primavera le bacche di Goji dell’azienda agricola Capodaglio si trovano nei banchi frigo di Eataly, la catena del food di lusso italiano fondata da Oscar Farinetti.

“Abbiamo scritto una mail allo staff di Eataly e si sono fatti subito vedere interessati al prodotto: a qualche settimana dalla nostra richiesta abbiamo riempito due camion frigo in direzione Roma: è stata un’emozione”, dice Elena.

È stato come consegnare il frutto del nostro sogno, dei nostri studi e delle nostre ambizioni: quando i camion sono partiti non potevamo crederci.

Dalla laurea, all’agricoltura, a una buona comunicazione

Elena, Riccardo e Nicola sono tutti sulla trentina: Elena e Nicola sono laureati in giurisprudenza. Elena, avvocato, si divide fra tribunale e filari; Nicola si dedica orami a tempo pieno alla campagna come Riccardo, prossimo alla laurea in architettura. “La campagna è sempre stata la mia passione – racconta – Per vivere di questo mestiere, oggi, bisogna innovare e saper comunicare”.

“Io e mia sorella abbiamo fatto studi ed esperienze diverse prima di intraprendere questa avventura, ed è questo che ci aiuta a guardare in grande”.

Ma non solo: uno dei loro vantaggi è anche aver compreso il potere della comunicazione. Fra i punti di forza della bacca padovana di Goji Capo c’è il packaging: la scatolina che contiene le bacche rosse è stata studiata e realizzata dallo studio di design milanese “Itsallgood” di Marco Morelli e Giulio Vescovi.
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Dai font scelti per i testi, alla forma, al materiale (biodegradabile) è il vestito perfetto per un prodotto nuovo e giovane che vuole farsi conoscere sul mercato. Elena, Riccardo e Nicola sono inoltre attivi sui social network e il loro sito non è la semplice vetrina di un prodotto che deve essere venduto, ma un luogo in cui se ne condivide la cultura nelle sue possibili declinazioni.

La bacca della longevità e i suoi golosi derivati

“Le bacche di Goji fresco sono frutti straordinari, potenti integratori ricchi di proprietà benefiche per l’organismo – dice Elena Capodaglio – Distribuire il prodotto fresco garantisce l’integrità e i più alti valori organolettici ed energetici”. Valori che i giovani padovani stanno sperimentando anche nei derivati del frutto del Goji: i primi risultati sono arrivati dalle composte e dai succhi di puro Goji che provengono esclusivamente dal frutto fresco, raccolto e affidato a una lavorazione meticolosa: 130 g di bacche fresche per la realizzazione di 100 g di confettura extra di Goji e 150 g di bacche fresche per la realizzazione di 100 g di puro succo.
storiedichi_goji_capoIl successo della bacca rossa di Goji, che negli ultimi anni è diventata una vera e propria moda fra i cultori del benessere, è partito dalla sua definizione di “super-frutto della longevità e della giovinezza” per la concentrazione di vitamine e sostanze benefiche che contrastano l’invecchiamento, i radicali liberi, il colesterolo, rafforzano il sistema immunitario e favoriscono il sonno e la memoria.
storiedichi_goji_capostoriedichi_goji_capoLe bacche della felicità e longevità appartengono tradizionalmente alla medica asiatica e, fino al 2012, i controlli effettuati sugli alimenti di origine cinese evidenziavano un contenuto di sostanze nocive e residui di pesticidi a livelli talmente allarmanti da comportarne il divieto di importazione in Europa. Solo negli anni recenti è stata consentita l’importazione del prodotto essiccato. Ecco perché questi super frutti sono “nuovi” per l’Europa.

“A parte il loro potere benefico – dicono i fondatori di Goji Capo – sono anche buone da mangiare e invogliano gli chef stellati a sperimentare nuove ricette per i loro piatti”. “Stiamo già collaborando con grandi nomi dell’alta cucina per portare un tocco di Goji nell’eccellenza gastronomica italiana”.

La più grande soddisfazione per noi è aver seguito questo progetto dall’inizio alla fine. Da un’idea che sembrava quasi una follia ci ritroviamo a riempire i furgoni e a parlare di un prodotto che, fino a pochi anni fa, gli italiani non conoscevano.

Questo per noi è il lusso.

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