La storia di un falegname che non ha mai abbandonato la passione per le sculture in legno
Cavallino Treporti (Venezia) – È una bella giornata di sole nella Laguna di Venezia e, insieme al mio amico Rino Ferro, decido di far visita a un falegname che conosco e che vive a Cavallino Treporti.
Sergio Bortoluzzi è un artigiano del legno di quasi 90 anni e ci accoglie, con un simpatico sorriso e una forte stretta di mano, nel suo laboratorio – falegnameria, dove ancora oggi lavora nonostante la sua età.
Di Sergio colpiscono, fin da subito, la sua voglia di vivere e le sue mani grandi, la lucidità e simpatia delle persone semplici e di cultura.
Lo incontro per raccontare e fotografare la sua vita e per ammirare le sue pregiate sculture in legno.
Tra aneddoti e immagini ancora lucide nella sua memoria, Sergio Bortoluzzi ci parla del suo passato e della sua famiglia: “Ho avuto una vita interessante e ricca di esperienze, anche se con tanti ostacoli e sacrifici”.
Ci racconta che, da ragazzino, faceva il contadino in una tenuta agricola al Cavallino, un lavoro che gli piaceva molto perché poteva stare in mezzo agli animali e alla natura, ma che suo padre aveva altri progetti per lui. “Così sono diventato apprendista falegname e ho imparato il mestiere”, racconta Sergio Bortoluzzi. Mestiere che, ancora oggi, a 90 anni, svolge con passione e precisione nel suo laboratorio, dove lo trovi spesso intento a fare mobili e sedie per la casa.
Oltre a dedicarsi alla falegnameria tradizionale, Sergio Bortoluzzi ci svela la sua anima artistica, tra pittura e bassorilievi, e ci fa vedere il primo quadro fatto in legno con la riproduzione di Gesù Cristo, regalato alla madre molti anni fa, quando era ancora ragazzo e i numerosi quadri dipinti da lui.
La vera folgorazione arriva con la scultura, circa 15 anni fa: “Non mi sento un artista, è la natura ad avermi aiutato”, ci dice con orgoglio l’anziano falegname. “Quando trovo dei pezzi di legno qui vicino casa, sono loro a trasmettermi cosa diventeranno. Vedendo i nodi o l’incrocio del legno, inizio a lavorarli e, senza mai tagliarli e mantenendo intatta la struttura, in poco tempo diventano figure astratte ispirate alla natura, persone che si abbracciano oppure animali”.
E ci svela il suo segreto per rendere perfettamente lucide le sue opere, compresi i mobili: “Dopo aver messo il fondo, che protegge il legno dagli agenti esterni, passo la lacca!”
Il tempo scorre piacevolmente e il racconto di Sergio Bortoluzzi continua al periodo della sua gioventù, durante la Seconda Guerra Mondiale, quando si dovette spostare con la sua famiglia a Marghera per problemi economici e perché “la povertà, in quegli anni, era vera per tutti”. Nel 1944, Marghera fu bombardata e si trasferì con la sua famiglia in un luogo più sicuro a Cavallino Treporti.
Negli anni ’50, Sergio Bortoluzzi, allora ventenne, è dovuto emigrare in Germania, trovando lavoro prima come carpentiere e poi al porto come scaricatore.
“I primi anni in Germania sono stati duri, non sempre eravamo trattati bene, però la gente ci stimava perché facevamo bene il nostro lavoro”, confessa. “Dormivamo e vivevamo nelle baracche di un ex campo di concentramento, insieme ad altri operai italiani, polacchi e russi”.
La storia, si sa, insegna e si ripete, non c’è niente da fare.
Dopo qualche anno Sergio è ritornato a Cavallino Treporti, dove ha lavorato come ristoratore per un lungo periodo e poi è tornato al suo primo mestiere perché la sua vera passione è sempre stata lì sotto casa, nel laboratorio-falegnameria che non ha mai abbandonato e dove, ancora oggi, le sue sculture prendono anima, forma e vita.