L’antica tecnica di stampa giapponese è arrivata a Lavagna, in Liguria, e ci fa vedere da vicino la meraviglia della fauna marina
Lavagna – Passeggiando sotto i portici del centro di Lavagna (Genova), ci si può imbattere in un luogo molto speciale, un atelier d’artista le cui pareti di ingresso sono decorate con piccole sagome di pesci. Sono acciughe, che invitano a entrare nel regno di Elena Di Capita, artista del Gyotaku.
Il Gyotaku è un’antica tecnica di stampa giapponese utilizzata per impressionare i pesci su carta, come un tempo facevano i pescatori per immortalare le loro prede.
“Il pesce – spiega l’artista – veniva passato con un inchiostro a base minerale, il Sumi, e poi appoggiato sul foglio. Era come fargli una fotografia, per conservare nel tempo la traccia dell’orgoglio di aver pescato quel determinato esemplare”.
Lo studio di Elena, nel centro di Lavagna, è pieno di rotoli di carta giapponese e pesci immortalati su diversi supporti e di tutte le dimensioni possibili. Ci sono tonni, polpi, ricciole, lampughe, c’è persino la verdesca, una specie di squalo commestibile.
Con il Gyotaku i banchi di acciughe diventano arte
Elena Di Capita, alias “Gyotaku Levante”, è stata la prima artista a praticare il Gyotaku in Italia e racconta di aver iniziato quasi per caso, nel 2018, seguendo il suggerimento di uno sconosciuto con cui si era fermata a chiacchierare a un mercatino e che, fra un discorso e l’altro, le aveva suggerito di dedicarsi a questa tecnica. Da allora, l’artista ligure ha iniziato a documentarsi su questa tecnica e dopo i primi tentativi, che lei stessa definisce goffi, è riuscita a sviluppare uno stile molto personale, specializzandosi nella stampa delle acciughe. O, meglio, di banchi di acciughe. Per realizzare opere di grandi dimensioni, bastano quattro acciughe.
“Le acciughe – ci spiega – sono la peculiarità del nostro mare, il Mar Ligure; è un pesce povero, economico, presente in gran quantità, e viene mangiato in molti modi.” Dall’idea di lavorare con la fauna del luogo, l’arte di Elena si è sviluppata intorno all’acciuga e ai famosi “palloni” che i banchi di acciughe fanno sott’acqua.
Nelle sue particolarissime opere, le acciughe vengono stampate con inchiostro nero, ma di tanto in tanto fa la sua comparsa anche qualche esemplare colorato. Di solito è quello che nuota controcorrente. La resa del nero per la stampa è la migliore, ma per innovare e creare composizioni e movimenti nuovi anche gli esemplari colorati, solitamente rossi o blu, si presentano come una nota diversa, che attira l’occhio.
La tecnica del Gyotaku vista da vicino, anche per immortalare esemplari rari
Nel suo studio, Elena Di Capita, dopo essere passata dalla pescheria, si ritrova a creare ogni giorno nuove composizioni di pesci. “Lavoro molto su commissione – racconta – ma amo anche sperimentare e stampare cose nuove; quello che mi piace molto è che la maggior parte dei miei clienti sono persone giovani, e mi sembra bello che si avvicinino all’arte e la trovino accessibile, anche economicamente. Per quanto riguarda i pesci i miei fornitori mi avvertono quando c’è un pesce particolare che vale la pena di immortalare.”
Su una parete svettano un tonno di quaranta chili e un enorme pesce spada, immortalati con la stessa tecnica utilizzata per le acciughe. Il pesce viene pennellato di colore e poi, su di esso, viene posato il foglio. Esercitando una pressione la sagoma rimane impressa sulla carta e, in seguito, l’occhio viene ritoccato a mano per essere definito meglio secondo la tecnica del Takuseikai, che nel Gyotaku prevede che il pesce venga ridefinito il meno possibile, con pochissimi dettagli aggiunti manualmente.
Per i pesci più grandi l’operazione di inchiostratura è più complessa e Elena si fa dare una mano dai suoi fornitori.
Nessuno spreco, dopo la stampa il pesce si può mangiare
Ma i pesci, dopo la stampa, si possono mangiare? “Ebbene sì”, conferma l’artista. “Basta lavarli dall’inchiostro e tornano come appena pescati. Vedi quel totano? Dopo averlo stampato ci ha mangiato tutta la mia famiglia.”
Il pesce, ci spiega Elena, deve essere freschissimo, per poter essere immortalato con tutti i suoi dettagli. La definizione con cui si imprimono le acciughe è impressionante. Si possono vedere le squame e i dettagli della pelle. È proprio come una fotografia, ma ha la bellezza della stampa.
Elena utilizza per le sue stampe la carta Kozu, che fa arrivare direttamente dal Giappone.
Negli anni, Elena Di Capita è diventata esperta dei pesci del nostro mare, conoscendone la stagionalità, e ha persino assaggiato pesci che non conosceva, come la verdesca, esperienza che non rifarebbe. “Esemplari come questi vengono pescati accidentalmente, restano impigliati nelle reti destinate ad altre specie, ma sono comunque commestibili”, spiega Elena. E tiene a sottolineare la sua attenzione e il suo profondo rispetto per l’ambiente marino. Non stampa pesci proibiti e nessun pesce viene pescato solo per essere stampato: la pesca è e resta un’attività legata al territorio e la sua arte può essere utile per sensibilizzare le persone su tematiche ambientali. A questo proposito è stata chiamata in Calabria per sostenere con la sua arte una “class action” contro la Regione, su temi riguardanti l’inquinamento.
“Tutto ciò che stampo è stato pescato legalmente, può essere venduto in pescheria e dopo essere stampato viene comunque mangiato. Con il mio lavoro cerco di far conoscere la bellezza della fauna marina e di sviluppare tematiche legate al territorio.”
In giro per il mondo con il Gyotaku e la stampa dei pesci
Elena Di Capita, prima di diventare artista di Gyotaku, si occupava di archeologia e restauro, è originaria di Lavagna, dove vive e lavora; ma la finestra della sua arte è spalancata sul mondo. L’inverno scorso è stata a Zanzibar grazie a un progetto sostenuto da una ONG turca in cui ha insegnato alle donne locali a stampare i pesci pescati in zona. “È stata una bella esperienza, abbiamo lavorato gomito a gomito con le donne del posto, parlando coi pescatori e conoscendo pesci che non avrei mai pensato di poter stampare”, racconta.
Presto Elena Di Capita sarà anche in Bretagna, a Rennes, come prima artista italiana presente a una rassegna internazionale dedicata al Gyotaku: “Non siamo tantissimi nel mondo a praticare il Gyotaku, e fa piacere confrontarsi con dei colleghi. Ognuno ha sviluppato le proprie tecniche e le proprie specificità”. Elena porterà e farà conoscere le sue acciughe. In realtà ci racconta che l’acciuga è l’unico pesce che non riesce più a mangiare…avendone mangiate e maneggiate troppe negli ultimi quattro anni.
Oggi l’artista sta lavorando a un’opera di dimensioni notevoli, su commissione: un’onda di acciughe con qualche piccolo esemplare controcorrente di colore diverso.
Guardandosi intorno il suo studio sembra una galleria di ritratti di pesci dalle espressioni più strane, impressi su carta o su tela a seconda del soggetto. Tuttavia non c’è il minimo odore di pesce, una volta asciutta la stampa perde ogni odore.
“La mia idea, racconta, è di immortalare le specie locali in ogni posto nuovo in cui vado, è un modo per entrare in contatto coi luoghi e con le persone, e di far conoscere quest’arte che io stessa ho scoperto in maniera fortuita e sorprendente.”