Il servizio fotografico per questo articolo è stato realizzato da Vincenzo Capobianco

Piero Solinas, storia di un fabbro di Oristano e della sua musica di legno e alluminio

Oristano – È sempre più raro passare di fronte a un’officina di paese dove c’è sempre qualcuno che lavora con la tuta sporca di ferraglia, pronto a cambiare il pedale di una bicicletta, a sistemare il motore della macchina o aggiustare arnesi della vita quotidiana.
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Forse le officine di oggi sono dislocate nelle zone industriali, forse ce ne sono meno di una volta. Ma il rumore del martello che batte sul ferro e il vociare fra meccanici, che si sovrappone al sottofondo della radio accesa, è un ricordo ancora vivo.

Mi è tornato alla mente quando Piero Solinas ha aperto la porta a vetri della sua officina, in via Sardegna 103/B, nella periferia di Oristano. Durante il mio soggiorno in Sardegna, non avrei mai pensato  di uscire con il cuore (e le orecchie) piene di incanto dal laboratorio di un ex meccanico.
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Sui tavoli di legno consunti, segnati, vecchi e vissuti, che hanno visto scorrere la vita artigiana di Piero, sono esposti alcuni grammofoni. Sono strani, insoliti, a base ottagonale, rettangolare e quadrata.
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Funzioneranno davvero?
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“Funzionano, funzionano, ci ho fatto ballare le ragazze con questi”, dice il proprietario, e un charleston inizia a riempire la stanza. Sembra di vederle, quelle ragazze di un’altra epoca, ballare fra scatole di viti e chiodi, chiavi inglesi e mucchi di ferro sparsi in giro. Basta il suono ruvido e caldo di un grammofono a far tornare indietro nel tempo, alle cose semplici e belle che è sempre più difficile vivere.
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Artigiano_grammofoni_Sardegna_01“Li ho fatti io, con queste mani – dice Piero Solinas – Mica ho comprato niente, li ho fatti con mobili in disuso, vecchie pentole in alluminio, freni delle biciclette e altre cose. La tromba, vedi? L’ho fatta con la griglia di un radiatore”.

Artigiano_grammofoni_Sardegna_01E poi cade l’occhio sulla soundbox che contiene la testina: è il campanello di una bicicletta.

Artigiano_grammofoni_Sardegna_01Piero Solinas, 86 anni, ha costruito il suo primo grammofono quando aveva 15 anni. La guerra era appena finita, i giovani avevano voglia di ballare, divertirsi, fare un po’ di festa. Nell’officina che all’epoca era del padre, e poi è diventata sua, Pietro ha racimolato pezzi di lamiera, legno di scarto e rimasugli di alluminio: il grammofono è venuto una meraviglia.

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Sinuoso, lucido e performante, con il suo motore a manovella, ha iniziato a colorare le giornate dei ragazzi con il tango argentino, i valzer, il charleston, le mazurche.

Da uno i grammofoni di Piero Solinas sono diventati due, tre, quattro, superando la decina. Qualcuno gli chiede di venderli, ma lui li costruisce solo per passione.

Sono una parte della sua storia e di quella di suo padre, un fabbro che di mestiere ferrava cavalli e buoi, dove adesso passano macchine e motorini. Da lui Piero ha imparato a lavorare il legno e i metalli, a riutilizzare i materiali di scarto per farne altro, a conciliare la fatica del lavoro quotidiano con la passione per le creazioni artigianali.

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Grammofoni_Sardegna_Oristano_StoriedichiIl simbolo della sua “iniziazione” da artigiano è il carro di buoi in legno, completo di tutti gli accessori e i dettagli che ne fanno una miniatura perfetta.

Dagli scaffali e dai cassetti dell’officina saltano fuori fotografie di Piero in divisa, di Piero con i commilitoni, di Piero da bambino, oltre a scritti, disegni e piccole creazioni che lo riportano alla sua esperienza da militare nel “Continente”.

Grammofoni_Sardegna_Oristano_Storiedichi“Quando sono andato a fare il militare in provincia di Roma, negli anni Cinquanta, il sergente mi ha messo subito a lavorare in officina”, racconta.

Un giorno un superiore è entrato per far riparare la macchina, e Piero si è fatto subito avanti. “Ho chiesto di poter fare io il lavoro, ma lui ha risposto dicendo: ‘Ma in Sardegna non siete tutti pastori?‘”.

Piero è stato zitto, ma alla fine è riuscito a fare bene il lavoro e a guadagnarsi la fiducia di tutti.

“Durante il tempo libero, nell’officina militare, facevo vespe, aerei e automobili in miniatura con l’alluminio. Quando il sergente li ha visti, mi ha chiesto di fare dei soprammobili anche per lui, e in cambio mi ha concesso di finire la naia a Roma città”. “Ero tutto felice, perché mia madre sarebbe potuta venirmi a trovare più facilmente”.
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Grammofoni_Sardegna_Oristano_StoriedichiE così fu: arrivò a Roma vestita in costume tradizionale.

“Ancora me la vedo – dice Piero – È stato così bello incontrarci a Roma: io con la divisa da militare, lei con l’abito sardo”.

Mentre Piero racconta il grammofono continua a suonare, il sole sparisce lentamente dietro le nuvole e il charleston lascia spazio a una sinfonia, per risvegliare ancora qualche dolce ricordo.
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